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Una critica all'etica kantiana

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Lucafil32
view post Posted on 10/10/2009, 15:43




Con la problematica enorme ella costruzione di un’etica condivisa si è dovuto scontrare anche Kant. Egli ha dedicato alcuni testi fondamentali al problema morale ma esso è una preoccupazione che affiora anche in altre opere e che appare essere il tema fondamentale della speculazione filosofica di Kant. Basandomi su alcune sue riflessioni, è mia intenzione portare alla luce una debolezza che secondo me affligge l’etica kantiana: il concetto di umanità.
Nel corpus kantiano questo concetto è molto presente ed assume generalmente due significati. Il primo s’identifica con la natura razionale dell’uomo, esemplificato dalla seguente famosa formula del’imperativo categorico: << Agisci in modo da trattare l’umanità (Menschheit) tanto nella tua persona quanto nella persona di ogni altro sempre come fine e mai come solo mezzo. >> (Fond. metaf. dei costumi, II) Il secondo significa invece : << […] il sentimento di simpatia universale e dall’altro la facoltà di poter comunicare intimamente ed universalmente: due proprietà che, prese insieme, costituiscono la socievolezza propria dell’umanità per cui essa si differenzia dall’isolamento animale. >> (Critica del Giud. §60)
È su entrambi i significati di umanità che Kant costruisce gran parte della sua etica. In particolare, nel primo caso, il significato è oggetto del sentimento del rispetto verso gli uomini. Tale sentimento è molto complesso all’interno del pensiero kantiano: nella seconda Critica il rispetto è un sentimento a priori nei confronti della legge morale e può essere visto come << la moralità stessa vista soggettivamente come movente. >> (Crit. Rag. Prat. I, I, cap.III) Tralasciando l’aspetto squisitamente metateorico che Kant affronta in quest’opera e spostandoci invece nella pratica morale, il sentimento del rispetto è principalmente quello che si deve ad ogni individuo: << L’uomo, considerato come persona (Person), cioè come soggetto di una ragione morale-pratica […] possiede una dignità (Würde) con la quale costringe tutti gli altri esseri razionali ad aver rispetto per lui. >> (Metaf. dei costumi, Dottrina degli elementi dell’etica, I, I, §11) se si prosegue la lettura ci si accorgerà che sulla base del sentimento del rispetto verso l’umanità in sé e negli altri Kant definisce tutti i doveri pratici dell’uomo: la coltivazione delle perfezioni naturali e morali, il dovere di amore verso tutti gli uomini, il dovere di beneficenza, gratitudine, di simpatia universale, etc. Viceversa, tutte le degradazioni del comportamento morale sono dovute al mancato rispetto verso tale umanità.
È chiaro che qui Kant sta edificando un’etica razionalista sul concetto di umanità. Si potrebbe dire che l’origine di tale concetto risiede in una sorta di estensione del principio di umanità a tutti gli esseri razionali: <<le disposizioni all’umanità possono essere collocate sotto il titolo generale dell’amor di sé. Da questo amore di sé deriva l’inclinazione dell’uomo ad acquistarsi un valore nell’opinione altrui […] ad acquistarsi solo il valore dell’uguaglianza per cui a nessuno permettiamo la supremazia su noi stessi. >> (Relig. nei limiti della sola Rag. I, §1) Kant sta qui tentando di motivare l’estensione dell’amor di sé verso gli altri rifacendosi alla sua concezione di umanità per cui si sforza di dimostrare che ciò che noi amiamo di noi stessi è proprio quell’umanità riscontrabile in tutti gli altri. Tuttavia, secondo me, è legittimo chiedersi se tale concetto di umanità non abbia davvero alcun bisogno di dimostrazione. Anzitutto è difficile darlo per scontato sulla base del sentimento del rispetto; il sentimento del rispetto verso l’umanità rischia di trasformarsi nell’indebita estensione di un’affezione certamente riscontrabile in ogni uomo (l’egoismo) ma che non può essere trasferita così razionalmente agli altri. Inoltre, distinguere l’uomo morale dall’immorale sulla base di una costruzione teorica meramente personale (il rispetto per l’umanità) appare un’operazione non meno “tirannica” di quella di certi pensatori cristiani del Medioevo: la distinzione tra l’uomo buono e quello cattivo viene a farsi solo relativamente alla fede nel Dio del Vangelo: è buono chi vi crede, è irrimediabilmente “cattivo” chi non ci crede. Kant laicizza questa procedura sostituendo a Dio il rispetto per l’umanità che alla fine non è altro che un “aver fede” nella moralità degli altri in quanto “umani”. Il risultato è, a mio parere, una geniale ma artificiosa costruzione di cui è possibile condividere alcune idee, ma che ha fondamenta fideistiche e quindi comunque non razionali. L’irruento filosofo Paul Feyerabend così scriveva: << [Kant] costruisce una caricatura, una mostruosa caricatura di quello che significa “essere umano” e la usa come giustificazione per essere crudele senza alcun sentimento di rammarico, anzi, al contrario, con la meravigliosa sensazione di aver fatto “la cosa giusta”. >> (Dialogo sul metodo) Feyerabend si rifà qui ad una concezione irrimediabilmente “individuale” di cosa sia morale e cosa no, per cui ciò che è giusto fare è possibile deciderlo solo caso per caso. Manca qui chiaramente quello che è il test di universalizzazione voluto da Kant per evitare una morale soggettivistica, e dunque non è questo il piano giusto per affrontare la lettura di Kant. Tuttavia, anche dal lato dell’universalità il problema filosofico sui casi singoli si pone comunque come ben spiega Habermas: << Sotto un altro aspetto, tale esigenza < l’universalizzazione > potrebbe essere troppo restrittivo perché può avere un senso il fare oggetto di un discorso pratico anche norme d’azione non morali, il cui ambito di validità sia socialmente e spazio-temporalmente specificato e sottoporle a una prova di universalizzazione relativizzata alla cerchia di persone coinvolte. >> (Etica del discorso, III, II, §4) Ma anche qui la prova di universalizzazione si basa sulla fiducia che gli esseri umani siano accomunati da quel sentimento del rispetto dovuti all’universalità dell’umanità, concetti di cui non esiste alcuna prova conclusiva.


I.Kant, Critica del giudizio, Laterza
I.Kant, La religione nei limiti della sola ragione, Laterza
I. Kant, Metafisica dei costumi, Bompiani
I.Kant, Fondamenti della metafisica dei costumi, Laterza
I.Kant, Critica della ragion pratica, Tea
I.Kant, Critica del Giudizio, Laterza
P.Feyerabend, Dialogo sul metodo, Laterza
J.Habermas, Etica del discorso, Laterza
 
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