| << Il volere è soprattutto relativo al fine, mentre la scelta è scelta di ciò che conduce al fine >> (Aristotele, Eth.Nic. III, 1111b 25)
<< Senza nessun rapporto finale non può aver luogo nell’uomo alcuna determinazione volontaria, perché questo non può essere senza un qualche effetto. >> (I.Kant, La religione nei limiti della semplice ragione)
Il problema della scelta di un comportamento razionale o morale non è squisitamente filosofico, ma trova interessanti tangenze nell’ambito della matematica applicata. In altre parole, il problema è lo stesso: quando una scelta è razionale? Come Aristotele e Kant paiono suggerire, una decisione deliberativa razionale è decidibile solo quando si ha di vista il fine cui un’azione conduce. Una risposta analoga è quella che proviene da una branca della matematica denominata teoria dei giochi, una branca molto curiosa che ha premiato col Nobel chi ha avuto la pazienza di studiarla ed ampliarla ai settori economici, come Kenneth Arrow, Gerard Debreu e John Nash, premi Nobel per l’economia rispettivamente nel 1972, 1983 e 1994. In questo settore della matematica l’economia è vista come un gioco a più giocatori in cui le vittorie e le sconfitte corrispondono ai guadagni e alle perdite sul mercato. Un tipico esempio di gioco nel senso appena specificato prende il nome di dilemma del prigioniero: il giocatore G1 e il giocatore G2 sono stati arrestati dalla polizia perché sospettati di un delitto. Vengono introdotti in due stanze diverse, senza alcuna possibilità di comunicare tra loro e vengono loro dettate le regole del gioco, cioè le differenti strategie attuabili individualmente. Se entrambi collaborano con la polizia, sconteranno a testa 3 anni di detenzione; se entrambi non collaborano con la polizia riceveranno la pena di 1 anno (non esistono prove sufficienti per condannarli ad una pena maggiore). Se uno dei due giocatori collabora e l’altro no il primo non riceve nessuna pena mentre il secondo verrà condannato alla pena massima di 7 anni. Quale è la scelta più razionale da farsi? Ricapitoliamo gli scenari con l’aiuto di uno schema:
Giocatori (c,c) (n,n) (c,n) (n,c) G1 -3 -1 0 -7 G2 -3 -1 -7 0
(c e n stanno per collabora e non collabora). Una legge dei giochi basata sulla celeberrima “mano invisibile” teorizzata da Adam Smith presenterebbe come migliore la decisione, per il giocatore singolo, di collaborare. Se G1 collabora e G2 no, G1 è libero: in questo caso G1 massimizza il guadagno: ma come fa G1 ad essere sicuro che G2 non collabori anche lui? Se anche G2 collabora, il piano di G1 fallisce, si prende cioè 3 anni di carcere invece di 0. Proviamo allora a vedere cosa succeder se G1 e G2 non collaborano: prendono a testa solo 1 anno di pena, potrebbe essere la situazione ideale. Ma G1 non può essere sicuro che anche G2 mantenga il silenzio, e se G2 decide invece di collaborare G1 si prende il massimo della pena e cioè 7 anni. Che fare? Secondo la teoria dei giochi la soluzione migliore per entrambi è quella di collaborare. In questo caso i due giocatori non avranno recriminazioni da fare, nel senso che non si pentiranno della loro scelta, e anzi continuerebbero a fare la stessa scelta anche qualora conoscessero in anticipo la scelta dell’altro giocatore. Questa situazione di equilibrio per le parti si chiama equilibrio di Nash dal nome di John Nash, che l’ha teorizzato. Un equilibrio di Nash (che si indica generalmente con Sε ) esite sempre in ogni gioco ad informazione perfetta con strategie varie. Per gioco ad informazione perfetta s’intende la situazione appena descritta, in cui cioè ciascuno dei partecipanti al gioco è messo al corrente delle possibili strategie a disposizione di tutti i giocatori e le rispettive conseguenze delle scelte strategiche per tutti i giocatori.
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