| Invio diversi post in sequenza, piuttosto datati, ma che considero eccellenti. Nel mio pc ho molte cose, le più preziose sono i post dei miei cari amici di dialogo sul forum che mi ha formata.
Messaggio inviato in data 19/6/06 da Carolus Felix ----------------------------------------- Titolo: Alla ricerca del silenzio perduto ----------------------------------------- Il Silenzio perduto
Oggi traggo spunto da un piccolo brano di un pregevole libro di Galimberti: Il tramonto dell’Occidente in cui egli scrive: "In assenza di un linguaggio che non sia pre-deciso, e quindi controllato dalla razionalità del sistema, l’unica possibilità rivoluzionaria è affidata al silenzio che, tacendo, non cor-risponde alla razionalità del reale, quindi non lascia la realtà qual è, ma le impedisce di essere . Nel silenzio la coscienza si raccoglie, nel senso che ri-accoglie la voce dell’essere, senza lasciarsi dis-trarre o trascinare fuori dalla cura dell’ente . Nel silenzio si può udire la voce che chiama, dice Heidegger: "La chiamata non racconta storie e chiama senza strepito di voce. Essa chiama nel modo spaesato del tacere. E ciò appunto perché la voce della chiamata non giunge al richiamato mescolata alle chiacchiere pubbliche del Sì, ma lo sottrae invece a esse richiamandolo al silenzio del potere essere esistente".
Viviamo immersi nel rumore e nella cacofonia, dovuti non solo a suoni che, pur costituendo per noi una totalità avvolgente a cui è pressoché impossibile non cercare di assuefarsi, restano fonte di distrazione e di fastidio, ma anche esposti alla funzionalità, imperfezione e strumentalità dello stesso linguaggio che usiamo, il quale è sempre più veicolato da un uso alienato e consumistico degli oggetti che desideriamo soprattutto possedere. Telefonini, televisori, Mp3, apparati tecnologici di vario genere che ormai ci inseguono o persino fanno parte della nostra persona, quasi come protesi permanenti, ci espongono continuamente al rischio del rumore e ci ricordano incessantemente la necessità imprescindibile di essere parte integrante di un apparato che allo stesso tempo ci controlla e ci stordisce con l’uso dei suoi mezzi tecnici. Non a caso infatti, ognuno di noi oltre ad essere impossibilitato al silenzio, viene contemporaneamente inseguito e riconosciuto ovunque, con la traccia invisibile che lascia, usando le sue protesi tecnologiche.
Nonostante ciò, allo stesso tempo, il richiamo e la suggestione del silenzio non vengono meno, crescono infatti le vacanze alla ricerca del silenzio perduto: nei conventi, nei luoghi sperduti del pianeta, che ormai però non sono più tali, data l’invadenza anche del cosiddetto turismo alternativo di massa, e persino nei cinema, per fare da spettatori, per esempio, ad un film straordinario girato tutto in un monastero e che ha per dialoghi e per colonna sonora solo il silenzio, a meno che, naturalmente, qualcuno non sgranocchi il pop-corn accanto a noi.
Anche il dialogo degli internauti, mediato solo dal leggero ronzio di un computer, può essere assimilabile a questa ricerca di silenzio, anche per evadere l’imprevedibilità della chiassosa reazione dell’altro, costretto così a misurarsi con la necessità di un dialogo scritto ma inevitabilmente silenzioso, tanto che non di rado, coloro a cui sta più stretta tale dimensione, cercano di violarla con parole chiassose, irriverenti, se non addirittura volgari, tali da fare almeno nella mente, più rumore, con il vano scopo di provare a bucare il silenzio dello schermo piatto. Però tutto questo ci appare come una fuga, più che una ricerca, e non di rado una sorta di narcosi, di palliativo per potere ottenere solo una pausa, nel ritmo incessante che un apparato di cui non siamo in grado di liberarci, ci impone rumorosamente.
Il chiasso è parte integrante del processo di maturazione di ognuno, e prova ne è il fatto che la cosa più difficile a cui si può cercare di educare un bambino, sia come figlio che come alunno, è proprio il silenzio, quasi che nascendo egli assorbisse con il trauma della nascita che lo getta fuori dal silenzio amniotico, l’horror vacui del non senso e dell’incomprensione che l’habitat umano del pensiero unico globalizzato gli impone come un brodo di coltura. E così non resta che strillare e sballare di urla nei concerti, nel traffico, negli stadi e un po’ ovunque, persino nei raduni religiosi, o di musica, motori, discoteche, e poi ancora nelle palestre a ritmi sincopati o negli infiniti lavori di ristrutturazione permanente della casa, del lavoro, della famiglia, con tutti i rumori spesso angoscianti che li accompagnano. Persino le case di riposo non di rado sono ormai piene di balere, o di palestre e comunque di anziani che temono il silenzio più della solitudine e vorrebbero tanto essere altrove, magari in una rumorosissima crociera.
Solo il silenzio resta tuttavia il luogo supremo della relazione, quello in cui l’Essere comunica nitidamente e ogni essere si manifesta semplicemente per quello che è, nella pura attenzione dell’altro, che scopre così, senza distrazioni o deviazioni sovrastrutturali, la meraviglia dell’inter- esse propiziata dalla scoperta, dal disvelamento dell’ascolto, non indotto, ma volontario e consapevole. Il silenzio infatti, come la verità, non si dà mai come assoluto ma sempre e ovunque come circostanziato e relativo al cammino di ognuno; ciò accade più o meno, come con i passi nei sentieri di una foresta che, con il loro inevitabile calpestio, suscitano reazioni impreviste e straordinarie nello stesso habitat boschivo e ci possono aprire alla meraviglia di un animale raro che attraversa o lambisce il nostro sentiero, e che solo un’attenzione vigile e costante, frutto di una cura silenziosamente e meditatamente assidua della sensibilità e della consapevolezza, può farci cogliere nella sua improvvisa e fugace bellezza.
Dove trovare dunque lo spazio e il tempo del silenzio perduto? Fuggendo in orbita? O più semplicemente ritrovando quel luogo senza spazio né tempo che ci portiamo dietro da sempre? Chissà, magari cercando solo in noi stessi, e forse la miglior vacanza auspicabile è proprio quella che possa portarci a ricercare, senza isolarci del tutto, il prezioso tesoro di un po’ di silenzio, ovunque andiamo o ci troviamo, quando ci riusciamo. Grazie Arrivederci Rasna Lucretius Carolus Felix.
Carolus Felix
Firma... accorgiti di essere nell'inter-esse per l'inter-esserci Rasna Lucretius Carolus Felix Messaggio inviato in data 19/06/2006
-------------------------------------- Titolo: La risposta ------------------------------------
Il silenzio deve essere sempre frutto di un scelta e di una ricerca, specialmente interiore, mai un’imposizione; piuttosto che farsi zittire è preferibile far tutto il casino possibile e urlare a squarciagola. O invece è ancor meglio condividere con altri scelte che possano ribaltare una situazione di ingiustizia, in modo determinato e costante, piuttosto che limitarsi all’urlo individuale. Oggi un meditato silenzio è una condizione quasi rivoluzionaria rispetto al chiasso, al rumore e alla chiacchiera intrusiva che accompagnano il dominio del pensiero unico e che manifestano il nichilismo imperante. Più difficile è condividere il silenzio senza isolarsi, comunicare con gli sguardi, con i sentimenti, e soprattutto con i fatti determinati dalle nostre azioni.
Grazie a tutti coloro che ancora mi leggono ed apprezzano.
Arrivederci R.L.C.F. da Valerio 18/6/06
toccante carolus.il silenzio come sfera protetta per poter assorbire meglio la vera essenza delle cose.l austero silenzio , il signore inarrivabile della verita e della contemplazione dell essere.sono d accordo con te , ora , in questi tempi malati in modo direi terminale , la volgarita di certi individui ne è la prova , e quando temono il silenzio lo vogliono frantumare con il ruomre piu assordante e dannoso , la volgarita
Messaggio inviato in data 19/06/2006 da Rabbia ------------------------------------------------------ Titolo: RE: RE: Alla ricerca del silenzio perduto ------------------------------------------------------ Mi hai fatto venir voglia di leggere Galimberti. Hai scelto un tema su cui ragiono spesso. Ultimamente noto, con una certa esterrefazione, che non vi è luogo (in città, in casa, ecc) in cui poter godere di quella specie di solidità aerea, e interiore per riflesso (ma anche viceversa), che è il silenzio. Ovunque chiasso. Sono giunta a pensare addirittura che dover "subire" il rumore altrui ( il chiacchiericcio sordo tra conoscenti, i gridolini di sfacciata stupidità delle attuali quattordicenni, i clacson delle auto, e così via) fosse un atto di prepotenza, nei confronti miei nonché del silenzio, da parte delle diverse sorgenti di rumore. Che questo pensiero sia plausibile o meno, non so, certo è che trovo profondamente giusto quanto dici in merito al silenzio in quanto relazione. Con la stessa esterrefazione di prima, noto che è costume diffuso cianciare moltissimo sugli agenti atmosferici e le loro ripercussioni sulla possibillità di andare al mare o meno, per non parlare del fatidico "come stai?" pronunciato in una totale condizione di estraneità a se stessi e agli altri, una sorta di pietoso tappabuchi della conversazione, ideato per dimostrare che si è assolutamente in grado di aggirare l'ostacolo del silenzio, che pure, sotto sotto, ribollisce sempre, come il magma della verità. Si prova orrore per la riservatezza, l'introversione, la timidezza, tutti alleati comportamentali del silenzio. Oggi vince chi urla di più, chi vanta il più alto tasso di egocentrismo, chi appare con più forza, con più prepotenza, con più violenza. Una violenza che sinuosamente sa celarsi dietro forme nuove, ambigue, irreprensibile agli occhi di chi non pensa.
alewitt
Messaggio inviato in data 19/06/2006
------------------------------------------------------------ Titolo: RE: RE: RE: Alla ricerca del silenzio perduto ------------------------------------------------------------ "Si prova orrore per la riservatezza, l'introversione, la timidezza, tutti alleati comportamentali del silenzio. Oggi vince chi urla di più, chi vanta il più alto tasso di egocentrismo, chi appare con più forza, con più prepotenza, con più violenza. Una violenza che sinuosamente sa celarsi dietro forme nuove, ambigue, irreprensibile agli occhi di chi non pensa."
Meraviglioso. Ciao. Alessandra Alewit
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